domenica 28 dicembre 2014

Cos'è il gioco libero?

Quando si dice “gioco libero”, molti pensano ad un momento di relax mentre i bambini giocano da soli o con altri…
Al nido, il momento del gioco libero viene impostato diversamente, è forse uno dei momenti più importanti della giornata, che richiede da parte dell’educatrice la massima attenzione. Già, perché quello è il momento in cui il bambino ha la possibilità di esprimersi liberamente, senza alcun vincolo, obbligo o regola: ognuno è libero di fare ciò che vuole (sempre nel rispetto degli altri e delle cose, ovviamente).

Dunque per "gioco libero" s'intende un tipo di gioco che non ha una sua struttura e che è inventato direttamente dal bambino.
Anche se oggi, con tutte le "macchine da gioco" che esistono è sempre più difficile fare in modo che i bambini possano giocare liberamente con la loro fantasia...






sabato 11 ottobre 2014

Alcune definizioni di gioco




Molti autori hanno provato a definire i caratteri del gioco e del giocare. Lo psicologo Jerome Bruner indica nel gioco “il prevalere dei mezzi sui fini”: si tratterebbe cioè di un'attività improduttiva che non crea beni né ricchezze; il pedagogista Edouard Claparède lo definisce come “il regno del come se”, uno spazio nel quale il giocatore si trova al tempo stesso nella realtà e nella fantasia, in un luogo dove si è instaurata una legislazione nuova; lo psicologo Lev Vygotskij riconosce al gioco non tanto un valore di “piacere”, quanto quello di strumento per una “realizzazione immaginaria e illusoria di desideri irrealizzati”. Il sociologo Roger Caillois dice che il gioco è “una attività incerta il cui svolgimento non può essere determinato o il suo risultato acquisito”. Johan Huizinga ha mostrato come in certi casi il gioco si trasformi in lavoro. Tutti questi autori sottolineano che alla base del gioco esiste un elemento comune: la volontà dell'individuo. Chi è costretto a giocare non sta realmente giocando.

Secondo Fink il gioco è un fenomeno fondamentale dell’esserci primordiale come l’amore, la morte e il dominio, ma caratterizzato dall’assenza di scopi. Caillois amplia i temi di Huizinga che analizza un tipo di giochi adulti, di competizione regolata. Per Caillois sussistono altre categorie ludiche in cui l’esito è affidato al destino, oppure giochi riguardanti il travestimento o la ricerca della vertigine.Winnicott in “Gioco e Realtà” riscatta l’attività ludica da ruolo di passatempo infantile, analizzandola come forma fondamentale di vita. Il gioco e l’oggetto transizionale sono illusioni che permettono al sé di costruirsi nel reale, nel luogo del senso di identità ponte tra soggetto e realtà effettiva.

Bibliografia:
Gianfranco Staccioli, Il gioco e il giocare. Elementi di didattica ludica, Carocci editore, 2008

martedì 2 settembre 2014

Il gioco è sempre presente

“Giocare è l’esperienza più comune che ci possa capitare. Nel corso di un solo colloquio con un nostro simile (...) noi giochiamo con le parole, giocherelliamo con le dita, ma anche ci giochiamo in senso stretto la carriera, l’amore, il nostro futuro. Altre volte, nel bel mezzo di una situazione seria o impegnata, il gioco fa capolino con un ammiccamento, una strizzata d’occhi, una battuta improvvisa o un semplice gesto rilassato.
Altre volte ancora, noi abbandoniamo deliberatamente le nostre attività serie o decidiamo di entrare in un’altra dimensione. Ci poniamo davanti a una scacchiera, a un tavolo verde, oppure in un prato e iniziamo a giocare (...).

Con questa citazione presa dal libro “Per gioco. Piccolo manuale dell’esperienza ludica”, Pieraldo Rovatti e Alessandro Dal Lago vogliono ricordarci che la dimensione ludica permea la nostra quotidianità in ogni momento, anche se non ce ne accorgiamo. 
Perciò non dobbiamo vedere il gioco come un attributo puramente infantile, perchè questo fenomeno fa parte anche dell'adulto. 
Gli effetti positivi del gioco non hanno una funzione buona solo per il cervello dei bambini piccoli in via di sviluppo. Molte ricerche provano che gli adulti che non giocano mai rischiano di cadere in spirali di stress e ansia, spesso senza sapere il perché...quindi meglio giocare :-)

sabato 26 luglio 2014

Invece il cento c'è

In questa sua poesia Malaguzzi esorta gli adulti a riconoscere e dar valore a tutte le diverse forme di espressione e di comunicazione che i bambini attuano. Quindi, nell'approccio reggiano, il verbo corretto da utilizzare è ascoltare; ascoltare il bambino che viene visto in modo attivo e non passivo e che significa non solo comprendere i diversi modi con cui il bambino comunica, ma anche dare senso e significato al messaggio e valore al soggetto che lo trasmette.
Come dice Carla Rinaldi: "se crediamo che i bambini sono attivi protagonisti nel processo di costruzione della conoscenza, allora il verbo più importante nella pratica educativa non è più parlare, ma ascoltare. Ascoltare significa essere aperto a quel che gli altri hanno da dire, ascoltare i cento o più linguaggi, con tutti i nostri sensi. Ascoltare significa essere aperti alle differenze e riconoscere il valore di diversi punti di vista e delle interpretazioni degli altri”.

Per approfondire:
- Carolyn Edwards, George Forman, Lella Gandini, I cento linguaggi dei bambini, edizioni Junior, 2010

martedì 17 giugno 2014

Qual è il ruolo dell'adulto nelle proposte di gioco?

L'adulto non dovrebbe essere invasivo, ma come sostiene Maria Montessori, dovrebbe semplicemente "preparare l'ambiente", creare le condizioni di gioco per il bambino. L'adulto quindi, nell'ottica montessoriana, dovrebbe mettersi da parte, osservare, ed intervenire solo se necessario per lasciare il bambino libero di sperimentare ciò che ha a disposizione.
Se il bambino lo richiede, l'adulto può svolgere un gioco o un'attività accanto o insieme a lui: egli così non si limita a proporre attività costruttive ma, svolgendole in prima persona, si presenta come modello positivo di identificazione.
Inoltre, il vedere un adulto che si impegna, che fa accanto ai bambini, li motiva a fare altrettanto e legittima la loro attività.

Concludendo, occorre capire quando è il momento di proporre e quando è il momento di osservare, di fare con il bambino o invece di tutelare e implementare quella che Winnicott ha definito “la capacità di giocare da solo in presenza di un adulto”, lasciando che il piccolo abbia un ruolo attivo e prenda l'iniziativa di esplorare e scoprire gli oggetti e i fenomeni che trova nel suo campo di azione. 


Bibliografia: 
Piera Braga e Tiziana Morgandi, Il gioco nei servizi e nelle scuole per l'infanzia, edizioni Junior, 2012 
Maria Montessori, Educare alla libertà, Mondadori, 2008

sabato 31 maggio 2014

Giocare è un diritto. Per tutti.

GIOCARE E' UN DIRITTO

Nell’affermarlo, la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza ne rileva l’importanza sostenendo che “gli Stati parte riconoscono al fanciullo il diritto al riposo e al tempo libero, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età e a partecipare liberamente alla vita culturale ed artistica ” (art. 31), richiamando tutti gli adulti ad adoperarsi perché sia soddisfatto.
Il diritto al gioco riconosce all'attività ludica importanti funzioni sociologiche e psicologiche, sottolineando l'importanza che il gioco ha nella formazione e nella crescita del bambino. Tutelare l'infanzia dei bambini, garantendo loro un ambiente sereno in cui crescere, anche attraverso il gioco, è un obiettivo ancora molto lontano in tanti Paesi del Mondo.
Lo sfruttamento del lavoro minorile, il dramma dei soldati-bambino o dei piccoli molestati, sono agghiaccianti realtà, che interessano tutto il mondo. I traumi e le ripercussioni negative sullo sviluppo dei ragazzi dall'infanzia negata, sono incalcolabili e, a volte, permanenti.
Per questo motivo è importante tutelare il diritto al gioco dei bambini e impegnarsi nella salvaguardia dell'infanzia come fondamentale stadio della vita.
Garantire il diritto al gioco deve essere uno degli obiettivi primari di chi si occupa della tutela dei bambini.  



sabato 19 aprile 2014

Giocando si apprende a vivere la realtà

E' idea condivisa che l'attività ludica riveste in età evolutiva un ruolo essenziale per lo sviluppo e per gli apprendimenti.

"è attraverso il gioco che il bambino incomincia a comprendere come funzionano le cose, che cosa si può fare o non si può fare con determinati oggetti e grossomodo perchè; mentre giocando con altri bambini si rende conto dell'esistenza delle leggi del caso e della probabilità e di regole di comportamento che vanno rispettate. Ma la lezione forse più importante che viene appresa dal gioco è, che, anche se si perde, il mondo non crolla" (B. Bettelheim).

Nella specie umana il gioco è connaturato nello sviluppo e non è possibile pensare a una formazione umana senza di esso.
Il gioco permette di esercitare abilità necessarie per la sopravvivenza e per l'adattamento all'ambiente; e in questo senso giocare vuol dire imparare.
Il gioco nell’infanzia diventa strumento indispensabile attraverso il quale il bambino entra in contatto con il mondo circostante, compiendo le sue prime esperienze. Quindi.... fate giocare i bambini!

Il gioco è una delle migliori forme di apprendimento, dunque … giocando s’ impara !”
(J. Piaget)



sabato 15 marzo 2014

Per la festa del papà

Oggi vi ripropongo un'idea molto carina, in vista della festa del papà, utilizzata nella scuola dell'infanzia con nido integrato dove sono stagista! I bambini più grandi hanno imparato a memoria la filastrocca qui di seguito e l'hanno recitata più volte anche con i bimbi del nido presenti in modo che imparassero qualche strofa anche loro! 

Papà, per la tua festa volevo dirti tante cose belle,
ma tante, tante quanto le stelle.
Ma la mia bocca è ancora troppo piccina 
e ho il cuore commosso stamattina.
Poche parole so dirti intanto:
papà ti voglio bene tanto, tanto.

In particolare, i divezzi (2-3 anni) su questa filastrocca hanno fatto un'attività: in un foglio colorato è stata stampata la filastrocca che i bambini dovevano incorniciare, come?? Noi educatrici abbiamo tagliato tante piccole striscioline di carta pesta di vari colori che i bambini dovevano accartocciare per formare delle palline, cosi facendo abbiamo potenziato la motricità fine e l'attenzione. Queste palline poi sono state attaccate ai contorni della filastrocca per formare una bellissima cornicietta! 
Questa è un'idea molto semplice e facile da realizzare che impegna i bambini, e fa felici i papà! 

giovedì 27 febbraio 2014

Canzoncina salva momento - Pepito di Maiorca!

Capita che durante la giornata al nido ci siano dei momenti vuoti, ad esempio prima del pranzo quando, tutti seduti nelle panchine in corridoio ognuno aspetta il proprio turno per fare pipì e lavarsi le mani. Come possiamo rendere questo momento giocoso, interattivo e funzionale? Con delle canzoni!!! Oggi vi parlo di una mini-canzoncina che nell'asilo dove vado io è molto gettonata: pepita di Maiorca. Il testo recita così: 

OH PEPITO PEPITO DI MAIORCA

APRICI LA PORTA
APRICI LA PORTA
OH PEPITO PEPITO DI MAIORCA
APRICI LA PORTA
E DAI UN BACIO A ME, A ME!

Un bambino va al centro e, mentre tutti gli altri cantano la canzone, salta con un piedino solo finchè non finisce la canzone e deve dare un bacio ad un altro suo compagno che a sua volta salterà al centro con un piedino solo, mentre i suoi compagni cantano.Con questa canzoncina, che piace davvero tanto, potrete salvare dei momenti rendendoli divertenti e utili perché favorisce soprattutto il superamento dell'imbarazzo e della vergogna posto dal fatto di essere al centro dell'attenzione. 
Vi posto il link del video di un'educatrice che canta questa canzoncina cosi potrete imparare com'è intonata!